LA STORIA DI MAURIZIO
IL VOGATORE

Com’è vivere a Burano?

Vivere a Burano è una cosa unica. Quando lavoravo, ho lavorato per 40 anni a Venezia e quindi ho sempre fatto la spola Burano Venezia e il viaggio era qualcosa di bello. Vivevi quei tre quarti d’ora non come una cosa pesante, ma una cosa piacevole. Parlavi con gli amici e vedevi tutte le albe alla mattina. Entravi al posto di lavoro con il cuore pieno. E poi il piacere di ritornare nell’isola.
A Burano si vive bene, tranquillamente, ci si conosce tutti e siamo una famiglia allargata.

Come hai cominciato con la voga?

Ho cominciato a 48 – 49 anni, quando gli altri hanno smesso, io ho cominciato. Perché io nella vita, ho sbagliato qualcosa (ride). Ho iniziato giocando a dama, raggiungendo anche buoni risultati, essendo stato campione italiano, nella categoria dei nazionali, per 2 anni consecutivi. Però poi sono arrivato alla voga perchè avevo raggiunto una stazza importante, 106 kg. Sono 1 metro e 80 con problemi di pressione. Quando sono andato dal medico mi ha detto che dovevo prendere delle pastiglie. Io gli chiedo, per quanto tempo devo prendere queste pastiglie? Lui mi risponde per tutta la vita.

E come hai reagito?

Io non sono uno che gli piace prender pastiglie, mi sono fermato un secondo e mi sono chiesto: cosa mi manca? Il mio lavoro era abbastanza sedentario, lavoravo in un ufficio tecnico, arrivavo a casa e giocavo a dama, quindi sviluppavo solamente la parte celebrale, non la parte fisica. Quindi mi son detto, bisogna far qualcosa. Le diete non mi piacevano, mi davano l’idea di qualcosa che ti rende triste. Poi ho provato la corsa ma non riuscivo ad appassionarmici.

E quindi è arrivata la voga

Mi sono iscritto alla voga e para di Burano e sono entrato in questo nuovo mondo. Un giorno mi metto li, aspetto che qualcuno mi chiami ma nessuno mi chiama. Andavo li, guardavo gli altri vogare e io rimanevo sempre a terra. Però da piccolo, avevo avuto delle piccole esperienze con mio papà con la valesana, un tipo di voga che si fa da solo con due remi. Quindi ho cominciato chiedendo se potessi uscire da solo, mi hanno detto vai pure. Nel giro di un anno ho buttato giù la bellezza di 19 kg. Senza prendere pastiglie, mangiando e stando bene.

Quindi hai stravolto la tua vita

Stravolto in meglio. Mi son trovato lì a cominciare a vogare, vogare e vogare. Sono una persona che cerca sempre la perfezione in tutto quello che faccio. Vengo dalla dama e il lavoro che avevo era molto meticoloso. Con l’allenamento sono arrivato a livelli buoni, diventando campione di voga alla Valesana.

E hai cominciato a vincere

Dopo un paio d’anni. Sui 50 anni ho cominciato a vincere le prime gare. Poi mi hanno preso sulle Caorline, delle barche molto pesanti, sui 4 quintali e mezzo e si voga in 6 persone. Lì si entra in un gruppo in cui tutti sono uno e uno è tutti. Si soffre e si impara insieme, perché la voga è allenamento alla fatica, è solo fatica. Però se sei allenato a farla la fai con grande soddisfazione. Con i dilettanti abbiamo vinto 4 gare consecutive in mare, la quinta siamo arrivati secondi però va bene lo stesso gare che vanno da Jesolo a Punta Sabbioni. Poi ho vinto, nella mia categoria, delle Valesine, per quattro anni consecutivi a San Marco, c’erano le varie società che si battevano tra di loro tutto in un giorno.

Fino ad arrivare alla Storica

La storica è un qualcosa di unico, ne parlo con il groppo in gola. Un’emozione che mi porto sempre dietro. Ho cominciato prima con i miei amici dilettanti, ci dicevamo “abbiamo la barca buona, ce la possiamo fare!” perché la selezione è strettissima. Si rimane fuori anche per qualche centesimo. Ci dicevamo “Dai che abbiamo vogato per tutta l’estate, siamo preparati!”. Mi ricordo che era un martedì e le iscrizioni finivano il giovedì. Ci siamo trovati proprio qui davanti al bar alle 10 di sera. Ci siamo dati appuntamento per fare l’iscrizione. Eravamo in 6 che ci guardavamo e ridevamo perché era una cosa troppo grande per noi. Ci mancava una riserva. Passa un campione che non vogava più e gli chiediamo “Giovanni, ci fai da riserva?” e lui risponde “Si, ma non vogo”. Siamo andati a fare le eliminatorie e siamo entrati con il miglior quinto tempo con grande soddisfazione. Avevamo la Caorlina numero 5 del comune, quella rossa.

Chissà le emozioni della gara

Quel giorno ho detto ai miei compagni “essere qui, abbiamo già vinto, tutto quello che viene è in più, dobbiamo solo divertirci.” La cosa più bella è che quando entri in Canal Grande vedi tutta questa folla che ti incita, e non è che incitano solo i primi, incitano tutti. Mi ricordo che eravamo ultimi e tutti ci applaudivano e ci urlavano “Bravi! Bravi! Gli altri sono tutti dopati! Siete bravissimi”. E questa è stata la prima esperienza, siamo tornati che eravamo felici. L’anno dopo sono stato chiamato a Treporti con un gruppo amatoriale. Abbiamo fatto squadra e siamo entrati con il quarto tempo. Poi ancora un’altro anno.
Però c’era una questione, quando passi per il Canal Grande, vedi il palco dove fanno le premiazioni e ogni volta che passavo dicevo “Quando mai potrò scendere dalla barca per esser premiato” perché lì si fermano solo le prime 3 barche, le altre continuano. Ma il pensiero mio era “Alla mia età, ormai”.

Poi invece, nel 2010

Nel 2010 avevamo una squadra sempre amatoriale ma talmente preparata, come ti dicevo all’inizio, uno in sei e sei in uno, è l’alchimia del gruppo che fa la differenza. Fino al penultimo giorno di iscrizioni ci mancava un uomo, il poppiere. Durante gli allenamenti veniva sempre un poppiere diverso, ma ogni volta ci dicevano “Siete troppo forti, non ce la faccio”. In quel periodo li abbiamo cambiato 9 poppieri. L’ultimo era un campione che ha detto “vengo a provarvi”. Abbiamo fatto l’iscrizione e abbiamo visto che la barca andava, era finalmente quello giusto. Siamo partiti bene, dopo il giro del palo eravamo secondi. In fase di ritorno una barca ci ha superato e siamo arrivati terzi. Mi ricordo che mancavano gli ultimi cento metri, una barca ci stava per superare e abbiamo detto “No, terzi si, ma quarti no” e dicevo a quello davanti a me “Stringi i denti, stringi i denti!” mi ricordo che quando si è girato gli mancava un dente, aveva ingoiato una capsula. Il poppiere, appena arrivati si è buttato a gambe aperte sulla poppa che vedeva le stellette. Però finalmente, siamo riusciti a scendere nel palco e farci premiare. Per me è stata la cosa più bella, più bella.

Poi hai continuato

Si, ne ho fatte in totale 8 di storiche, da vecchio. E sempre con buoni risultati, l’anno dopo eravamo con dei giovani di primo pelo e siamo arrivati quinti. Sono riuscito a farne 8, poi avrei potuto continuare ma ho avuto un problema all’occhio, mi si è staccata la retina e quindi nel 2013 ho smesso. L’anno dopo invece l’ho rifatta, perché mi chiamano, mi dicono che sono “il collante” del gruppo e questo mi dà orgoglio e soddisfazione.

Ad un certo punto invece hai cambiato categoria?

Nella voga c’è bisogno di stimoli, di obiettivi che ti fanno alzare e andare ad allenarti ogni giorno. Nel 2015 ho mollato la Valesana e ho cominciato a vogare a un remo in Mascareta, una voga molto difficile. Per me però era una sfida. Ho ricominciato da zero, cominciato cadendo in acqua e rialzandomi. Ho cominciato ad affinare la tecnica, l’impostazione.
Dopo un mese, per valutare il mio livello, ho organizzato una gara tra i soci della voga e para di Burano. Tutti pensavano fossi un pivello, tutti pensavano di battermi, poi però da terzo sono passato primo arrivando, in una regata da 19 minuti, con tre bricole di vantaggio.
Quindi ho deciso di dedicarmi solo a questo. Ho cominciato a fabbricarmi delle forcole particolari, capire e trovare il remo giusto, quello che ti fa guadagnare quei secondi che fanno la differenza. Poi ho cominciato ad adoperare delle zavorre per mettere in assetto la barca. Per non far scoprire i miei segreti andavo via con due taniche in barca e tutti si chiedevano perché andassi via con quelle taniche. Nessuno pensava avrei potuto arrivare a dei buoni livelli, passando dalla gondola a un remo. Il primo anno sono riuscito ad arrivare alla pari e a vincere di 6 secondi su una gara da 26 minuti. Quest’anno ho dato 50 secondi sui 23 minuti e mi sto migliorando per raggiungere livelli sempre più alti. La voga, se non hai degli obiettivi, se non hai ambizioni, diventa solo fatica e basta. Quest’anno ho organizzato una gara, aperta a tutti, anche ai soci, ma non si è iscritto nessuno per paura di far brutta figura. Ho invitato quindi tutti quelli che facevano questo tipo di voga e che vincevano, sono arrivati in 12 barche. Eravamo un bel gruppo, le regole erano: barca uguale per tutti e impostazioni della barca personalizzate. Iniziamo questa regata, pronti al cordino di partenza, parto quarto, poi terzo, secondo fino a mettermi primo e riuscire a dare un paio di bricole, ma quelli erano i campioni. E lì ho capito che quello che facevo, le tecniche e lo studio della barca, era giusto.

E quindi la dama, il tuo lavoro, il tuo essere così minuzioso, hanno fatto la differenza

Io inizialmente facevo un lavoro molto particolare, ero congegnatore meccanico. Nel mio lavoro la precisione era tutto. Avevo delle tolleranze di un centesimo, lavoravo lima, taglio, taglio seghetto, tutte cose particolari. Un’altra soddisfazione che mi ha dato la voga è che i campioni, quando venivano a provarmi, cercavano i pesi giusti e non capivano. Un campione un giorno viene da me e mi dice “Quintavalle, io ho vogato con campioni, ho vinto contro i campioni ma tu mi hai fatto perdere la voglia di vogare”.

Nel frattempo hai anche cominciato ad insegnare

Quest’anno ho avuto tre ragazze, non è andata bene ma ci siamo divertiti. Perché non è vincere, è far capire la tecnica della voga. In più la voga ti da quel senso di libertà, ti permette di andare dove le barche a motore non arrivano. Ogni volta che entri in una palude o una barena, anche se ci sei passato mille volte, ogni volta è qualcosa di diverso. Ti ritrovi tra i cigni o tra i fenicotteri, la palude ti da proprio un senso di libertà, di quiete. Torni a casa che sei gratificato. La vita ti porta dei problemi ma quando vai a vogare, specialmente quando sei da solo, cominci a pensare, a metterti in discussione e quando torno a casa torno più tranquillo e con la soluzione in mano.

Com’è insegnare la voga ai bambini?

Con i bambini è una cosa particolare, ti coinvolgono con la loro passione, con la voglia di imparare. Tante volte, quando son finiti i corsi, vengono a chiederti di portarli fuori e allora li porto fuori e sono contenti, sono felici. Più che di imparare hanno proprio voglia di uscire in barca, girare in laguna ti dà un senso di libertà.